lunedì 7 ottobre 2013

Robert Capa in Italia.

Robert Capa in Italia
1943 - 1944


Il settantesimo anniversario dello sbarco degli Alleati con le foto  del grande fotoreporter di guerra in mostra al Museo di Roma Palazzo Braschi.
03/10/2013 - 06/01/2014


Robert Capa, 1942.
Considerato da alcuni il padre del fotogiornalismo, da altri colui che al fotogiornalismo ha dato una nuova veste e una nuova direzione. Robert Capa il famoso fotografo ungherese, pur non essendo un soldato, visse la maggior parte della sua vita nei campi di battaglia, seguendo i cinque maggiori conflitti mondiali: la guerra civile spagnola, la guerra sino-giapponese, la seconda guerra mondiale, la guerra arabo-israeliana del 1948 e la prima guerra d’Indocina.

Settantamila foto scattate in quasi quarant’anni di vita. Questa è l’eredità custodita a New York, all’International Center of Photography. Da questo enorme patrimonio il fratello Cornell e il biografo di Capa Whelan hanno selezionato 937 foto, tra le più caratteristiche ed importanti che hanno dato vita a tre serie identiche – le master Selection I, II e III - ognuna completa di tutte le immagini, conservate a New York, Tokyo e Budapest.

Una selezione di 78 fotografie saranno ospitate dal 3 ottobre 2013 al 6 gennaio 2014 nel Museo di Roma Palazzo Braschi nella mostra “Robert Capa in Italia 1943 - 1944”.

Per l’occasione saranno utilizzati i nuovi ambienti espositivi, destinati esclusivamente alle mostre temporanee. Una volta ultimati i lavori di allestimento di tutti gli spazi recentemente restaurati, le sale espositive del palazzo saranno 58, distribuite su tre piani.

Questa importante esposizione, ideata dal Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con il Museo Nazionale Ungherese di Budapest, il Ministero delle Risorse Umane d’Ungheria, il Fondo Nazionale Culturale, l’Istituto Balassi – Accademia d’Ungheria a Roma e l’Ambasciata di Ungheria a Roma. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura e la cura di Beatrix Lengyel. Il catalogo è una coedizione del Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia.

Una mostra – la cui tappa successiva sarà Firenze presso il MNAF Museo Nazionale Alinari della Fotografia dal 10 gennaio al 30 marzo 2014 - organizzata in occasione dell’Anno Culturale Ungheria Italia 2013 che coincide con il centenario della nascita di questo grande maestro della fotografia del XX secolo (1913–1954) e che racconta con scatti in bianco e nero il settantesimo anniversario dello sbarco degli alleati. Esiliato dall’Ungheria nel 1931, inizia la sua attività di fotoreporter a Berlino e diventa famoso per le sue fotografie scattate durante la guerra civile spagnola dal 1936 al 1939. Quando arriva in Italia come corrispondente di guerra, ritrae la vita dei soldati e dei civili, dallo sbarco in Sicilia fino ad Anzio: un viaggio fotografico, con scatti che vanno da luglio 1943 a febbraio 1944 per rivelare, con un’umanità priva di retorica, le tante facce della guerra spingendosi fin dentro il cuore del conflitto.

Le immagini colpiscono ancora oggi per la loro immediatezza e per l’empatia che scatenano in chi le guarda. Lo spiega perfettamente John Steinbeck in occasione della pubblicazione commemorativa di alcune foto di Robert Capa


 “Capa sapeva cosa cercare e cosa farne dopo averlo trovato. Sapeva, ad esempio, che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto un’emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione conoscendola da vicino.

Ed è così che Capa racconta la resa di Palermo, la distruzione della posta centrale di Napoli o il funerale delle giovanissime vittime delle Quattro Giornate di Napoli. E ancora, vicino a Montecassino, la gente che fugge dalle montagne dove infuriano i combattimenti. E i soldati alleati, accolti a Monreale dalla gente, o in perlustrazione in campi opachi di fumo.

Settantotto fotografie nelle quali l’obiettivo di Capa mostra una guerra subita dalla gente comune, piccoli paesi uguali in tutto il mondo ridotti in macerie, soldati e civili vittime della stessa strage.

Così Ernest Hemingway, nel ricordare la scomparsa, descrive il fotografo:


”Ѐ stato un buon amico e un grande e coraggiosissimo fotografo. Era talmente vivo che uno deve mettercela tutta per pensarlo morto.”

Foto, famose in tutto il mondo, che raccontano a modo loro la vita.

Alcuni suoi scatti.


Robert Capa.
'Donna tra le rovine di Agrigento',
17-18 luglio 1943.

Robert Capa.
 'Benvenuto alle truppe americane a Monreale',
23 luglio 1943.

Robert Capa.
'Soldato americano in perlustrazione nei dintorni di Troina',
4-5 agosto 1943.

Robert Capa.
'Soldati americani a Troina, nei pressi della cattedrale di Maria Santissima Assunta',
dopo il 6 agosto 1943

Robert Capa.
'In coda per l’acqua in una via di Napoli',
ottobre 1943.


Fonte museodiroma.it


Robert Capa


Robert Capa, pseudonimo di Endre Ernő Friedmann (Budapest, 22 ottobre 1913 – Provincia di Thai Binh, 25 maggio 1954), è stato un fotografo ungherese.
I suoi reportage rendono testimonianza di cinque diversi conflitti bellici: la guerra civile spagnola (1936-1939), la seconda guerra sino-giapponese (che seguì nel 1938), la seconda guerra mondiale (1941-1945), la guerra arabo-israeliana (1948) e la prima guerra d'Indocina (1954). Capa documentò inoltre il corso della seconda guerra mondiale a Londra, nel Nordafrica e in Italia, lo sbarco in Normandia dell'esercito alleato e la liberazione di Parigi. Il fratello minore di Capa, Cornell, è stato anch'egli un fotografo.

Bio
Nato in Ungheria, Capa abbandona in giovane età la terra natale a causa del proprio coinvolgimento nelle proteste contro il governo di estrema destra; milita nel Partito Comunista locale. L'ambizione originaria di Capa è di diventare uno scrittore, ma l'impiego presso uno studio fotografico a Berlino lo avvicina al mondo della fotografia.
Nel 1933 lascia la Germania alla volta della Francia a causa dell'avvento del nazismo (Capa era di origini ebraiche), ma in Francia incontra difficoltà nel trovare lavoro come fotografo freelance.
È in questo periodo che adotta lo pseudonimo di Robert Capa - per il suono più familiare all'estero e per l'assonanza con il nome del popolare regista statunitense Frank Capra - e fonda con altri l'agenzia fotografica Magnum Photos (1947); dal 1936 al 1939 si trova in Spagna, dove documenta gli orrori della guerra civile.

"Il miliziano colpito a morte"
'Il miliziano colpito a morte',
 Robert Capa. - 1936 -
Nel 1936, Capa diviene famoso in tutto il mondo per una foto scattata a Cordova, dove ritrae un soldato dell'esercito repubblicano colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti. Questa foto è tra le più famose fotografie di guerra mai scattate. Fu pubblicata, per la prima volta, sulla rivista VU, poi su Life, sul Picture Post e poi migliaia di altre volte.
La foto è stata al centro di una lunga diatriba in merito alla sua presunta non autenticità. In base al lavoro svolto dallo storico della fotografia Ando Gilardi, che ha analizzato, nei primi anni '70, i negativi originali di Capa. Il quotidiano di Barcellona "El Periodico de Catalunya" avrebbe accertato che la celebre foto fu scattata nei pressi di Cordova, in Andalusia, nel villaggio di Espejo, e non nella località di Cerro Muriano, come affermato da Robert Capa.
Il quotidiano, inoltre, precisa che le due località si trovano a 50 km di distanza, con il decisivo particolare che a Espejo, nei giorni in cui venne scattata la foto, non si sarebbe svolto alcun combattimento tra i miliziani repubblicani e le forze fasciste agli ordini di Francisco Franco. La foto di Capa sarebbe stata scattata ai primi di settembre del 1936, quando Espejo era ancora nelle mani delle forze repubblicane, mentre una battaglia era invece in corso a Cerro Muriano. Solo a fine settembre si registrò qualche scontro isolato a Espejo, peraltro senza vittime.
A metà degli anni '90 si diffuse, poi, la notizia che il miliziano ritratto da Capa fosse un anarchico, tale Federico Borrell García, il quale sarebbe morto effettivamente in combattimento, ma non in campo aperto come nella celebre foto, bensì dietro un albero. A sostegno della tesi dell'inautenticità è anche un libro dello studioso José Manuel Susperregui, "Sombras de la fotografia" (Ombre della fotografia), in cui si afferma che l'immagine sarebbe stata scattata con una Rolleiflex, appartenuta alla compagna di Capa, la fotografa comunista tedesca Gerda Taro, morta a 27 anni nel 1937 nei pressi di Madrid (a Brunete, schiacciata durante un errore di manovra di un carro armato 'amico'), mentre Capa in quel periodo fotografava probabilmente con una Leica ed in seguito con una Contax. I negativi prodotti da questi due apparecchi non sono compatibili con la Rolleiflex, apparecchio medio formato che impiega pellicola in formato 120/220 su cui imprime immagini quadrate di dimensioni 56×56 mm (formato detto anche 6x6). Leica e Contax sono invece apparecchi piccolo formato che impiegano pellicola in formato 35mm su cui imprimono immagini rettangolari di dimensioni 24x36mm e rapporto altezza/base pari a 2:3. Ancora a sostegno di questa tesi, esistono anche video che sarebbero frutto di ricerche digitali e geo-morfologiche, effettuate per un documentario tedesco sulla figura di Capa.
Di per sé, l'eventuale inautenticità della foto nulla toglierebbe al valore storico che essa ha acquisito come simbolo dei soldati lealisti morti durante la guerra civile spagnola.
A favore dell'autenticità vi sono d'altro canto lunghe ricerche storiche condotte dal biografo di Capa Richard Whelan. Il miliziano sarebbe, in effetti, l'unico morto quel giorno, Federico Borrell Garcia, morto effettivamente a Cerro Muriano, nei pressi di Cordova, nel 1936, e la notizia sarebbe registrata negli archivi ufficiali.
La mostra di fotografie di Robert Capa e Gerda Taro che s'è tenuta al Forma di Milano, dal 28 marzo al 21 giugno 2009, ha presentato ulteriore materiale a sostegno dell'autenticità della foto.
A chi poneva domande su quella foto, Capa rispondeva:

 "Per scattare foto in Spagna non servono trucchi, non occorre mettere in posa.
Le immagini sono lì, basta scattarle. La miglior foto, la miglior propaganda, è la verità."

Molte delle foto di Capa della Guerra civile spagnola furono, per molti decenni, ritenute perdute, ma riemersero a Città del Messico alla fine degli anni 1990. Mentre fuggiva dall'Europa nel 1939, Capa aveva perso la raccolta, che nel tempo fu soprannominata la "valigia messicana". La proprietà della raccolta fu trasferita alla Capa Estate, e nel dicembre 2007 passò all'International Center of Photography, il museo fondato dal fratello minore di Capa, Cornell, a Manhattan.

Allo scoppio del Secondo conflitto mondiale Capa si trova a New York, dove si era recato in cerca di lavoro e in fuga dalle persecuzioni anti-ebraiche; la guerra lo trova assegnato in diversi teatri dello scenario bellico. Inizialmente fotografa per il Collier's Weekly, per poi passare a Life.

La Seconda guerra mondiale: Capa in Sicilia
'Slightly out of focus', Robert Capa. - 1947 -
Nel luglio del 1943 raggiunge la Sicilia. Il grande reportage di Robert Capa sullo sbarco Anglo-Americano in Sicilia iniziò con un volo in paracadute, in perfetto stile bellico. Oltre alle immagini, Robert Capa ci ha lasciato le sue memorie in un diario pubblicato nel 1947 con il
titolo Slightly out of focus (tradotto ed edito in Italia da Contrasto nel 2002 con il titolo Leggermente fuori fuoco). Nel suo diario, Capa, fotoreporter al seguito dell'esercito americano, riporta gli avvenimenti cruenti a cui assiste, racconta le fatiche di un'esperienza avventurosa e descrive la sensazione di vuoto e di angoscia che lo prende assistendo ai combattimenti: in particolare, proprio nelle settimane dell'Operazione Husky in Sicilia e della conseguente ritirata dei militari italiani e tedeschi. Il suo racconto, molto avvincente, rievoca gli avvenimenti della sua vita dall'estate del 1942 alla primavera del 1945.
Dopo un anno di lavoro nel Nord Africa, seguendo le truppe americane e appena licenziato dalla rivista Collier's Weekly, per la quale aveva inviato foto dall'Algeria e dalla Tunisia, Robert Capa si apprestò senza indugi a lasciare Tunisi e a farsi lanciare con il paracadute in Sicilia, avendo saputo che gli anglo-americani si stavano preparando a invadere l'isola. Era il luglio del 1943 e a bordo di un piccolo aereo con pochi soldati Capa arriva in Sicilia: di notte si lancia col suo paracadute, atterra su un albero, dove rimane sino all'indomani, quando gli altri tre paracadutisti che erano con lui lo trovano e lo aiutano a scendere. Il gruppo si incammina attraverso un bosco e giunge in una fattoria dove viene accolto da «un anziano contadino siciliano in lunga camicia da notte» che subito fraternizza con loro e li ospita per tre giorni, fin quando arrivano i militari della prima divisione americana. Unitisi a loro, Capa e i suoi compagni, possono avanzare verso gli importanti obiettivi militari della campagna di Sicilia.
Lungo il percorso Capa scatta numerose foto. Dopo tre settimane dallo sbarco, gli americani si avvicinano al capoluogo dell'isola. Ricorda Capa:

 «Eravamo alla periferia di Palermo i tedeschi erano stati isolati e ciò che restava delle forze italiane non aveva intenzione di combattere. La jeep che mi ospitava, seguiva i primi carri della seconda divisione corazzata lungo il percorso verso il centro della città. La strada era fiancheggiata da decine di migliaia di siciliani in delirio che agitavano fazzoletti bianchi e bandiere americane fatte in casa con poche stelle e troppe strisce. Avevano tutti un cugino a "Brook-a-leen". Ero stato all'unanimità riconosciuto come siciliano dalla folla in festa. Ogni rappresentante della popolazione maschile voleva stringermi la mano, le donne più anziane darmi un bacio e le più giovani riempivano la jeep di fiori e frutta. Nulla di tutto ciò mi fu di un qualche aiuto per scattare fotografie».

Giunto a Palermo, Capa, fotoreporter licenziato, invia le sue foto a Life convinto che la rivista americana «non avrebbe potuto certamente farne a meno» e sentito che la 1ª Divisione di Fanteria (USA) stava combattendo da qualche parte in mezzo alla Sicilia, si avvia alla ricerca della nuova battaglia da fissare sulla pellicola. Gli americani stavano combattendo a Troina nell'interno dell'isola e avevano notevoli difficoltà ad espugnare il paese difeso da soldati italiani e tedeschi che opponevano una strenua resistenza. I combattimenti durarono sette giorni. La ritirata e la resa avvennero solo dopo feroci bombardamenti aerei che distrussero gran parte del centro abitato della piccola cittadina.

Furono giorni di intenso lavoro per Capa che realizzò su quelle isolate montagne alcune foto che diventeranno tra le più famose della sua carriera, fra queste quella che vede il soldato americano accovacciato e il contadino che gli indica la strada scattata a Sperlinga in contrada Capostrà dove esiste una targa ricordo di quel momento, ma anche di profondo risentimento per tutto quello che gli accadeva intorno: «Era la prima volta che seguivo un attacco dall'inizio alla fine ma fu anche l'occasione per scattare ottime foto. Erano immagini molto semplici. Mostravano quanto noiosa e poco spettacolare fosse in verità la guerra. Il piccolo, bel paesetto di montagna, era completamente in rovina. I tedeschi che lo avevano difeso si erano ritirati durante la notte abbandonando alle loro spalle molti civili italiani, feriti o morti. Ci eravamo distesi per terra nella piccola piazza del paese, di fronte alla chiesa, stanchi e disgustati. Pensavo che non avesse alcun senso questo combattere, morire e fare foto, quando il generale Theodore Roosevelt Jr., sempre presente dove la battaglia era più dura, si avvicinò e puntando il suo bastone verso di me disse: "Capa al quartier generale di divisione c'è un messaggio per te. Dice che sei stato assunto da Life". Ripartito da Troina per Palermo e poi documentando ancora la guerra sino allo sbarco in Normandia, Robert Capa porterà con sé il suo convincimento amaro sulla natura della guerra: «Un inferno che gli uomini si sono fabbricati da soli». Convincimento che gli eventi siciliani avevano confermato e rafforzato.
Il 6 giugno 1944 partecipa al sanguinoso sbarco del contingente americano ad Omaha Beach, in Normandia. La maggior parte delle foto scattate durante lo sbarco andò perduta per un errore del tecnico di laboratorio addetto allo sviluppo (Larry Burrows, anch'egli divenuto fotografo di fama mondiale e morto anch'egli in Viet Nam, negli anni settanta; scamparono alla distruzione solo undici fotogrammi danneggiati, che trasmettono comunque tutta la terribile drammaticità dei momenti del D-Day.

Il dopoguerra e la morte.
Nel 1947 a Parigi fonda - assieme a Henri Cartier-Bresson, David "Chim" Seymour e George Rodger e William Vandivert - l'agenzia cooperativa Magnum, diventata una delle più prestigiose agenzie fotografiche.
Capa era famoso anche per la sua temerarietà, che lo aveva portato ad andare all'attacco con la prima ondata nello Sbarco in Normandia e a paracadutarsi da un aereo assieme ai militari professionisti per ritrarre da vicino l'attraversamento del Reno.
La sua passione e la sua vita, l'amore per la fotografia, lo porta a morire nel 1954 durante la Prima Guerra d'Indocina, al seguito di una squadra di truppe francesi, dietro il tenente colonnello Jean Lhpelle incaricato di evacuare e distruggere due fortini a sud est di Hanoi, sulla via del ritorno scattò le ultime sue foto prima dell'incidente che gli costò la vita, salì su un terrapieno di destra per fotografare una colonna in avanzamento sulla radura, salito sul terrapieno posò il piede su una mina che lo avrebbe ucciso.

Filmografia.
'I 400 milioni' documentario di Joris Ivens (1939) - direttore della fotografia.
'Tentazione' (Temptation) di Irving Pichel (1946) - attore.
'Notorius, l'amante perduta' (Notorious) di Alfred Hitchcock (1946) - fotografo di scene.
'Il tesoro dell'Africa' (Beat the Devil) di John Huston (1953) - fotografo di scene.
'Robert Capa, l'Homme qui voulait croire à sa légende' documentario di Patrick Jeudy, 2004.

Fonte wikipedia

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